C’è un duplice vantaggio nell’insegnare, perché mentre si insegna si impara e si fa ricerca.
Eppure continuiamo ad avere tra i banchi torme di ragazzi che, rassegnati, pensano alla scuola come a un insieme di nozioni. Come faremo a dire loro che Non scholae sed vitae discimus, cioè che quella loro fatica non è per gli esami, ma per la vita? Sì… non potremo più affermarlo, né suggerire tale insegnamento, perché la scuola il 21 novembre 2017 ha visto tramontare tutto ciò su cui è stata da sempre fondata. Sommersa da una scienza che non ammette valori fondamentali quali la democrazia, il dubbio, la ricerca oggettiva e disinteressata, il metodo empirico e sperimentale, la libertà di scelta, di opinione e di pensiero.
In realtà, nell’Epistula ad Lucilium, la frase originaria di Seneca era antitetica: Non vitae sed scholae discimus, poiché Seneca era realisticamente convinto che dalla scuola non si ricavasse molto. E’ da lui e dalle Lettere a Lucilio che ho attinto l’aforisma odierno, dedicandolo a tutti gli insegnanti.
Anch’io ho passato buona parte della mia vita da studente, ma ho studiato in una Scuola dove la scienza coincideva con la democrazia, la ricerca e il dubbio. Ho intrapreso i miei studi in una Scuola dove si apprendevano valori fondamentali quali l’inclusione, l’uguaglianza e la libertà, che ora vorrei poter far conoscere ai miei studenti.
Esercitando la nostra professione, non soltanto chiariamo e approfondiamo, ma spesso procediamo ulteriormente, con i discepoli, nella conoscenza. E arriviamo a trasmettere loro valori universali: “Vi è un’età in cui si insegna ciò che si sa; ma poi ne viene un’altra in cui si insegna ciò che non si sa, e questo si chiama cercare.” (Roland Barthes).
Esercitando la nostra professione, non soltanto chiariamo e approfondiamo, ma spesso procediamo ulteriormente, con i discepoli, nella conoscenza. E arriviamo a trasmettere loro valori universali: “Vi è un’età in cui si insegna ciò che si sa; ma poi ne viene un’altra in cui si insegna ciò che non si sa, e questo si chiama cercare.” (Roland Barthes).
Cosa dirò ai miei studenti? Che lo straniero è un non vaccinato? Che colui che non è vaccinato appartiene alla schiera dei barbari tanto declamati dalla storia? Cosa dirò ai miei studenti riguardo la libertà e gli altri valori fondamentali che attraversano i secoli? Cosa dirò ai discenti? Che sia giusto escludere? Che a scuola non siamo tutti uguali? Cosa dirò a queste nuove generazioni, oltre al puro nozionismo? Come potrò non tramandare quei valori “che attraversano di mille secoli il silenzio”, che sono fondamentali per la loro crescita umana – ormai un “possesso per sempre” – come direbbe Tucidide?
Non rimane che sperare che la Scuola e la vera Cultura tornino a porsi domande, a considerare la democrazia, il dubbio e la disputa disinteressata come valori fondanti dell’Istruzione e della ricerca assoluta.
Non rimane che augurarsi che le verità assolute crollino, sotto il peso dell’ignoranza dogmatica e scientista.
Non rimane che augurarsi che le verità assolute crollino, sotto il peso dell’ignoranza dogmatica e scientista.
Perché se la scienza non è democratica, mi auguro che almeno la Scuola, la cultura e la ricerca scientifica tout court lo siano ancora.
Giusy Militello