Sono la mamma di due bambini rispettivamente di 8 e 5 anni.
A fare la “didattica dell’emergenza” a distanza è solo il mio primogenito. Ovviamente non possiamo considerare queste lezioni come tali perché, tra ritardi di connessione e accavallamenti di voci, l’ora è già finita… La considero efficace solo per questo periodo di emergenza, che spero sia solo LIMITATO, perché se dovessi pensare di riprendere lo stesso tipo di lezione a settembre anche con il mio secondogenito che dovrà cominciare la prima, dico già “No, grazie!”
In più io non possiedo, per scelta mia e di mio marito, una connessione Wi-Fi, quindi i gigabyte si consumano velocemente. Spero che la situazione ritorni presto alla normalità, ne abbiamo tutti bisogno, soprattutto i bambini che necessitano di interagire con i loro coetanei…
Giulia
Ho 2 bimbi di 8 e 4 anni compiuti entrambi in quarantena 🙁 Vi scrivo per portarVi la mia esperienza con la mia bimba più grande, che sta “frequentando” la seconda elementare.
Mia figlia è una bimba molto attiva e molto diligente nella scuola normale; non siamo mai stati genitori assillanti né concentrati sui voti e ci ha quindi sorpreso molto vedere con quanto impegno abbia preso la scuola fin dal suo primo anno, quanto ci tenesse ad andare bene e ad imparare tante cose.
Da quando c’è la “didattica dell’emergenza” a distanza però è un’altra bambina: si accende lo schermo e lei è lì, immobile, quasi spaventata. Non osa parlare, non interviene, non saluta nemmeno i compagni. Talmente diversa dal solito che anche le sue insegnanti si sono accorte della differenza.
Quando le chiediamo cosa ci sia che non va ci risponde che le sembra un metodo strano. È contenta di vedere maestre e compagni ma non è questo il “modo giusto”, sue testuali parole.
Ama ancora imparare, svolge i compiti con puntualità, non è apatica, ma quelle lezioni on-line la bloccano e non le sembrano una cosa valida.
Spero possa essere uno spunto di riflessione questa reazione, soprattutto verso chi vorrebbe adottare questo metodo in eterno.
Silvia
Sono mamma di due bambini piccoli, una di 6, all’ultimo anno di scuola dell’infanzia, e uno di due. Sono anche una educatrice professionale, da quasi vent’anni lavoro in ambito pedagogico, educativo e scolastico. Attualmente mi occupo a tempo pieno dei miei figli.
Sono arrabbiata e triste nel vedere come il valore e la dignità dell’infanzia e delle istituzioni scolastiche, nonché le garanzie espresse dalla nostra carta costituzionale, si stiano trasformando in carta straccia.
Mia figlia vive malissimo l’allontanamento dalla sua amata classe e non potrà godere di questo momento così importante quale il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla primaria. Ogni giorno mi dice che le mancano le sue maestre, e che non vede l’ora di tornare a giocare con i suoi compagni.
Il piccolino, abituato alla routine dell’accompagnarla, inizialmente mi chiedeva “Dove sono i tati mamma?”, non vivendo più quell’allegro chiacchiericcio che spesso coinvolgeva anche lui, e io (ma sarebbe meglio dire noi tutti genitori), con il cuore spezzato a doverla/o rincuorare, cercando di renderle questo strappo violento e veloce, il meno doloroso possibile, e cercando di trasformare la segregazione tra le mura domestiche serena, gioiosa e il più possibile normale.
Ma di normale non c’è nulla. La scuola non è didattica a distanza, la scuola é la cornice rassicurante nella quale i bambini e i ragazzi sperimentano e assaporano la vita. La scuola è fatta di relazioni, affetti, calore umano, passioni talvolta sofferte, frustrazioni, attraverso le quali costruire, consolidare, disfare, provare e riprovare, sotto la guida in carne ed ossa delle figure educative, per divenire gli adulti di domani.
Senza contare che la sua chiusura aumenta le disuguaglianze sociali tra chi può permettersi la “didattica dell’emergenza” a distanza e le giuste strumentazioni informatiche, supportate da famiglie capaci e preparate (ricordiamoci che dietro ci sono mamma e papà e non è così scontato!) e chi non può permetterselo.
Cito le testuali parole del presidente commissione infanzia Cerini riferendosi ai 0-6 e al prossimo anno scolastico: “La didattica a distanza per i bimbi piccoli ha carattere di flessibilità. Le maestre hanno sperimentato alcune metodologie per rimanere in contatto con i propri alunni e con le loro famiglie tramite invio di vocali, letture di storie, collegamenti tramite WhatsApp o altri social per un saluto o per cantare una canzoncina.”
E queste sarebbero le possibilità messe in campo per supplire a un’eventuale slittamento dell’apertura?!
Mia figlia inizierà la prima. Una fase meravigliosa quanto delicata… come pensano di gestirla? Con i compiti a distanza e l’uso di piattaforme? E l’aspetto umano e relazionale? E le emozioni? E le piccole routine che tanto tranquillizzano i più piccini? E la vita vera?
Qualcuno pensa alle conseguenza che porta, soprattutto nei più piccoli, interfacciarsi all’altro solo tramite digitale? Tutto questo avrà delle pesanti ricadute psicologiche che chi è chiamato in prima linea a risolvere la situazione ha l’obbligo morale di considerare e gestire.
Grazie di averci dato la possibilità di far sentire le nostre voci.
Ottavia
Spedisci anche tu, sotto forma di lettera aperta all’indirizzo tutela.scuola@lascuolacheaccoglie.org, le tue esperienze sulla “didattica dell’emergenza” a distanza e le soluzioni “che funzionano” – anche se non ottimali – che temporaneamente sono state adottate! Le pubblicheremo in home page sul nostro sito e nella sezione IL CORAGGIO DI TUTELARE LA SCUOLA