Sono madre di due figli di età diverse: 19 anni il grande e 6 anni la piccola.
Appartengo quindi alla visione molto ampia dell’inizio e della fine della scuola e in questo tempo di didattica virtuale mi sento di poter affermare che il metodo NON funziona, né all’inizio né alla fine.
Perché non funziona? Nonostante l’impegno degli insegnati che ce la mettono tutta a reinventarsi in qualcosa di nuovo, di imposto, di lontano dai mezzi che loro stessi hanno imparato a usare, c’è un punto cardine sul quale mi preme insistere riguardo a questo malfunzionamento: la volontà si sviluppa col movimento.
L’alzarsi presto, il lavarsi, fare colazione, uscire di casa, prendere un autobus o andare a piedi a scuola fa sì che le forze volitive si attivino.
L’impegno, seppur pesante, di uscire dalle coperte nelle buie mattine invernali per recarsi assieme ai compagni sul luogo di studio crea un ritmo nella vita dei bambini che allo stesso tempo dà ritmo al loro impegno.
Si mette in moto il cervello e si è stimolati dall’ambiente circostante e dalle relazioni.
Rimanere a casa davanti a uno schermo non crea l’adrenalina necessaria ad attivare le cellule cognitive e ci riempiremo di svogliati ragazzini poco attenti che lasciano parlare i loro poveri insegnanti mentre silenziano l’audio, si stravaccano sul letto e ingurgitano merendine scadenti, lasciando che lo zucchero intorpidisca il loro pensiero.
Io credo che il valore della scuola sia il valore dell’incontro: incontro di sguardi, di emozioni e di sorrisi.
Penso che per i bambini piccoli, in particolare, le lezioni mediatiche davanti a uno schermo siano la morte del valore degli insegnanti nei quali io credo molto. Il punto non è riempire questi bambini di cose da fare, il punto credo sia portare alto il valore di un rapporto maestro-allievo che, filtrato da uno schermo, temo possa diventare povero alla stregua di un qualsiasi cartone animato.
Perdonate questo mio personalissimo pensiero ma non credo in nessun modo alla classe virtuale, preferiamo aspettare di rincontrarci in quella che noi crediamo sia la vera Scuola, la Scuola nella quale ci sono i banchi, la cattedra, la lavagna, i gessi, l’intervallo, gli abbracci e i racconti da portare a casa e nel cuore.
Erica Fierro
La mia personale esperienza riguardo la “didattica dell’emergenza” a distanza è stata a dir poco traumatica.
Avendo due figli da seguire di 10 e 6 anni, la difficoltà incontrate sono state notevoli, non solo a livello economico (pc/tablet/installazione linea veloce, tutto a mie spese) ma soprattutto a livello di tempi per seguire i bambini, che a volte sono abbandonati letteralmente a loro stessi per ovvi motivi di gestione della routine familiare e del lavoro.
Auspico in tempi brevi un ritorno alla normalità, verso un’educazione a contatto con gli insegnanti . Sto notando tra l’altro un progressivo disinteressamento dei bambini verso questo tipo di didattica.
Roberto… un genitore come tanti altri
Sono la mamma di due bambini. La più grande, di 9 anni, vive l’esperienza di “didattica dell’emergenza” a distanza; la proposta è stata accolta con curiosità (quella tipica dei bambini), ma gradualmente si è rivelata una pratica faticosa e stancante.
Il tempo che trascorre davanti al monitor non è così positivo; subito dopo l’uso del pc/o smartphone lamenta giramento di testa e io da genitore noto tachicardia. Sinceramente non oso immaginare gli effetti che potrebbero esserci a seguito di un’esposizione prolungata.
Per quanto riguarda la relazione con i suoi compagni di classe, in questi collegamenti purtroppo non c’è stata minimamente nessuna percezione costruttiva, anzi porto a testimonianza sconcerto: mia figlia è una bambina riflessiva e sincera e con i suoi modi gentili e delicati mi ha confidato che non ne capisce il senso. La cosa che più mi ha colpito è stato il modo delicato con cui me lo ha portato, quasi a non voler svilire i nostri evidenti sforzi.
Credo che davanti a questi riscontri l’adulto abbia il dovere di rivedere i progetti messi in opera, anche se questi sono nati con le migliori intenzioni.
Io da genitore ho accolto con collaborazione la “didattica dell’emergenza” a distanza, ma non intendo appoggiare nel lungo periodo questo progetto, in quanto lo trovo scarso e fallimentare a più livelli.
Si potrebbe fare una conferenza di un weekend per esaminare tutti i danni che causerebbe una pratica di questo tipo.
Gli studenti, così come gli insegnanti, hanno bisogno di una relazione vera, di contatto umano, di incontrare lo sguardo reciproco e, non ultimo,  di vivere nell’empatia del mondo reale, non virtuale (inutile dire che anche su questo tema potremmo dedicare un altro weekend).
Per lo scolaro questo allontanamento prolungato dalla comunità è molto difficile da sopportare; quando tutto ciò è iniziato, con la la propositività che li contraddistingue, hanno invocato il coraggio tappezzando il mondo con un messaggio pieno di speranza e fiducia: “Andrà tutto bene!”
Ecco: onoriamo i loro sforzi, manteniamo la promessa.
Antonella
Sono una mamma di tre bambini di prima media, prima elementare e primo anno di materna.
Questo anno per loro era già di cambiamento per il nostro trasloco da una città a un’altra e per il cambio delle scuole (compagni e insegnanti), perciò già stavano lavorando per intessere relazioni.
Ora noto che la più grande è come smarrita davanti al PC, non c’ è dell’entusiasmo, cosa che invece non capitava nel rapporto diretto in classe. Non c’è condivisione e socialità. Il computer non può essere il surrogato di un’insegnante che ti mette una mano sulla spalla per incoraggiarti quando non riesci a far qualcosa. Per non parlare della non inclusione nel caso di difficoltà materiali e tecniche (mancanza di linea, guasti o problemi al PC).
Per la bimba di prima siamo noi a portare le materie che l’insegnante ci invia, ma il ruolo di genitore si unisce a quello dell’insegnante e non è semplice, soprattutto se c’è una casa e un fratello che ti aspettano per giocare.
Si stanno distruggendo i rapporti sociali di ogni individuo. La famiglia deve lavorare con la scuola con un ponte ma non la può sostituire.
La scuola educa, non istruisce.
Francesca
Spedisci anche tu, sotto forma di lettera aperta all’indirizzo tutela.scuola@lascuolacheaccoglie.org, le tue esperienze sulla “didattica dell’emergenza” a distanza e le soluzioni “che funzionano” – anche se non ottimali – che temporaneamente sono state adottate! Le pubblicheremo in home page sul nostro sito e nella sezione IL CORAGGIO DI TUTELARE LA SCUOLA