“Innanzi tutto ringrazio l’organizzazione di M3V per avermi dato la possibilità di fare questo intervento.
Sono mamma e insegnante di scuola secondaria di primo grado, faccio parte del movimento La Scuola che Accoglie da circa 2 anni. Dalla scorsa primavera sono diventata co-referente per il Piemonte.
La Scuola che Accoglie è un movimento apartitico per la libertà di scelta, che si identifica con la scuola stessa. Ritiene che abbiamo il dovere di salvaguardare l’identità della scuola come istituzione che svolge un servizio pubblico aperto a tutti, nel quale sono tutelate legalità e privacy. Una scuola che accoglie non emargina e sostiene i diritti di tutti. Rappresenta un luogo di condivisione e di accoglienza delle idee di ciascuno. La scuola è democratica e rammenta che in nessun corso di istruzione degno di tale nome viene imposta un’unica verità assoluta. Fanno parte del movimento oltre 2000 persone che lavorano in ambito scolastico, sparse su tutto il territorio nazionale…
Ecco, avere questa certezza – cioè che esistano in Italia 1999 persone che vivono il mondo della scuola e la pensino come me – mi ha dato la forza di andare avanti nella battaglia, di non sentirmi sola.
Già, perché spesso all’interno dell’istituto sei l’unico a pensarla in modo differente da ciò che si impone dall’alto… e allora mi piace pensare che, anche se siamo lontani, in fondo siamo vicini, come tante stelle che fanno parte della stessa costellazione… e insieme formano un disegno… e la paura sparisce…
Ecco, oggi vorrei parlarvi di paura, di paura e di amore. Di paura, perché in questo periodo dilaga, sono anni che lavorano sulla diffusione della paura attraverso le televisioni e le fonti di informazioni, ma nell’ultimo periodo abbiamo toccato punti mai visti. Questo perché in realtà si tratta di una paura superabile con una informazione seria, corretta, oggettiva. Mentre quella che ci viene propinata a reti unificate è pura propaganda, manipolata e distorta proprio per generare paura e per azzerare le nostre difese. E per così imporci dall’alto qualsiasi cosa serva per ridurci, sempre più, in uno stato di debolezza e di sottomissione.
La paura è l’arma potente del potere… ma la paura resta un’emozione, incontrollabile dalla razionalità e dalla logica… quindi bisogna imparare a gestirla… e per farlo sarebbe prima di tutto necessario accoglierla, come ogni emozione, poi andrebbe compresa e analizzata fino al focus della questione, ma è una cosa che ognuno di noi può fare solo per se stesso… o al più per i propri figli… proprio perché è irrazionale.
Ecco, vorrei proporvi una riflessione sull’argomento… vi leggo una citazione dal film After Earth di Cypher Raige: “La paura non è reale. L’unico posto in cui può esistere è nel nostro modo di pensare al futuro. È un prodotto della nostra immaginazione, che ci fa temere cose che non ci sono nel presente e che forse neanche mai ci saranno. Si tratta quasi di una follia… Non mi fraintendere: il pericolo è molto reale, ma la paura è una scelta.” E se prendiamo per buone queste affermazioni, se condividiamo il punto di vista di chi parla, abbiamo ora la certezza di poter scegliere… e facciamola questa scelta!
Ma come possiamo fare? Intanto smettendo di avere paura, SCEGLIENDO di non aver paura… anche perché la paura vibra a una frequenza molto bassa – da 0,2 a 2,2 Hz – mentre è necessario vivere vibrazioni alte per stare bene. La fisica quantistica, infatti, ci ha spiegato che i nostri pensieri e i nostri sentimenti creano un campo elettromagnetico che può attrarre o respingere… Dovremmo quindi trovare un modo per vibrare a frequenze alte, ma come? Ci arrivo…
Ho iniziato il discorso dicendovi che avrei parlato di paura e di amore… quindi passiamo all’amore. La prima domanda che nasce spontanea è: Perché parlarne, di paura ed amore, insieme? Perché l’amore è l’unica via per liberarsi della paura…. Ma parliamo di amore: facciamo un passo indietro. Per preparare questo mio intervento ho deciso di fare una ricerca e ho scoperto che in greco Phobos (Φόβος) è la paura… Un termine solo, nulla di strano… Poi ho cercato anche la parola “amore” e ho trovato che per il termine amore i greci avevano diversi termini, in base al tipo di sentimento, ben 8 definizioni d’amore (chiedo scusa per la pronuncia, non ho mai studiato greco): così ho trovato che Philia (φιλία) è l’amore di affetto e piacere, di cui ci si aspetta un ritorno, come quello tra amici; Eros (έρως) significa amare ardentemente, Anteros (αντέρως) viene utilizzato, invece, quando c’è un legame, quando è corrisposto, Himeros (Iμερος) è il desiderio irrefrenabile, la passione, Pothos (Πόθος) si riferisce al desiderio verso cui tendiamo, quello che desideriamo, Storgé (στοργή) è l’amore familiare, quello verso i figli, ad esempio; Thélema (θέλημα) è il piacere di fare qualcosa e Agape (αγάπη) è amore incondizionato, universale, anche non ricambiato…
Ecco, sulla base di questo, vi chiedo di fare una scelta… e vi incito a scegliere l’amore… quello che i Greci chiamavano Agape… che per inciso dovrebbe avere una frequenza da 205 Hz e oltre. E a proposito di amore vi chiedo: ma vi siete accorti di cosa stiamo chiedendo di fare ai bambini e ai ragazzi? Voglio dire, non noi nello specifico, intendo la società odierna.
Ci rendiamo conto del fatto che la società ha instillato in giovani menti in crescita un senso di colpa basato sul nulla peraltro, e molto, molto profondo? Troppo profondo direi… quasi radicato… Questo si chiama “plasmare le menti”, non educare… E penso che dovrebbero essere gli adulti a proteggere e tutelare i bambini, non il contrario… Per esempio, vi sembra normale che un bambino prima di entrare in classe debba fare la coda all’ingresso dell’edificio per misurarsi la temperatura e disinfettarsi le mani? Vi sembra normale che indossino le mascherine continuamente, che non possano stare vicini, che non possano crescere in modo sano ed equilibrato?
Perché qui, in tutti questi discorsi sulla salute, il governo o chi per lui si è dimenticato di preoccuparsi di quella mentale di salute. E io non la voglio una scuola così, non la voglio una scuola presidio-sanitario. Ho incominciato la mia carriera come docente con le supplenze, come tutti, dal 2005. Ho fatto anche l’insegnante di sostegno e – non fraintendetemi – l’ho fatto con piacere, reinventandomi di volta in volta in base al bambino o alla bambina che avevo di fronte, concentrandomi su ciò che sapeva fare e su ciò che avrebbe potuto fare.
Però io non ho studiato in quello specifico ambito, non ho la specializzazione. Talvolta è disarmante… e difficile… specie se vuoi fare il tuo lavoro bene… mi sono adattata, perché naturalmente avrei voluto insegnare la mia materia, arte e immagine, per la quale ho preso l’abilitazione.
Ho partecipato a tre concorsi, entrata in ruolo lo scorso anno e… durante l’anno di prova… il lockdown, la didattica a distanza per i ragazzi, corsi a distanza per me, anche le figlie, che frequentano la primaria, in DAD… in poche parole, una didattica che di fatto didattica non è… un incubo.
Voglio dire, dopo tutto il calvario per poter fare il lavoro che ho scelto (o forse lui ha scelto me), mi ritrovo una scuola …così?? Una scuola che non è scuola, in cui la relazione educativa tra insegnante e alunno e quella tra pari diventa difficile, se non impossibile… e al rientro in presenza a settembre una scuola in cui non si può respirare liberamente, in cui bisogna stare distanziati, in cui non ci si può scambiare gli oggetti, se non disinfettandoli prima. E mi domando come questi bambini e ragazzi potranno imparare l’empatia… A me questa non sembra normalità e non dovrebbe diventarlo… MAI!
Vorrei concludere raccontandovi che sono “scesa in piazza”, nel senso che ho cominciato ad agire attivamente quando è stata proposta e poi, ahimè, emanata la legge 107/2015, cioè la legge della “Buona” scuola…
Abbiamo lottato molto, con i risultati che già sapete… Quando mi è stato detto che avevamo fatto tutto il possibile e che ora potevo stare tranquilla per un po’, la mia risposta è stata “Mi sono alzata in piedi allora, e da allora nessuno potrà più mettermi a sedere”… Perché la lotta continua e io non ho paura.”
Arianna Pala