I cantanti e i musicisti di strumenti a fiato non sono untori.
Uno studio della facoltà di Ingegneria dell’Università di Princeton lo dimostra, quindi perché oggi sono temuti più della peste?
Lo studio della facoltà statunitense ha evidenziato, usando una telecamera high-speed a infrarossi e tracciando le emissioni di CO2 in un cantante lirico, che il quoziente di flusso espiratorio si mantiene costante (circa 10 litri/minuto), mentre la velocità di flusso varia tra 0.1 e 10 metri al secondo.
Dal momento che il quoziente di flusso si mostra piuttosto costante durante la performance, ne deriva che la velocità di flusso è controllata dall’apertura della bocca e le dinamiche di flusso sono condizionate dagli aspetti articolatori fonetici (ad esempio la pronuncia delle consonanti occlusive portano a flussi più veloci; una minore apertura della bocca trasporta l’aria espirata su distanze maggiori di un metro, mentre le vocali che richiedono una maggiore apertura della bocca portano a flussi più lenti di limitata propagazione).
Il tutto, nello studio, sembra comunque superare raramente il metro di distanza.
L’emissione puramente vocale è perciò meno problematica riguardo al distanziamento di quanto non sia, nel parlato o cantato, l’articolazione consonantica intensa.
Mentre si canta non si soffia, dunque il canto non rappresenta un pericolo per il pubblico.
Anche gli strumenti a fiato non sono pericolosi per il pubblico.
Quante altre perle di saggezza provenienti dai tuttologi “esperti” di turno dovremo ancora sopportare?