Sono un’insegnante della scuola dell’infanzia, alla quale mancano tantissimo i suoi piccoli allievi ed è stata questa la ragione che mi ha spinto, fin da subito, a richiedere l’attivazione di una piattaforma di e-learning.
Credevo e speravo che, così facendo, la distanza e il vuoto che si erano creati in seguito alla sospensione delle attività didattiche potesse essere colmato attraverso questo nuovo modo di fare scuola in una situazione di emergenza. Ad oggi mi ritrovo a dover fare i conti con diverse riflessioni a cui sono sopraggiunta dopo circa un mese di lavoro a distanza.
Inizio con il dire che nella mia aula virtuale sono presenti solo nove dei sedici bambini che ho in elenco e sono quei bimbi che hanno un background socio-familiare abbastanza sereno, mentre mancano all’appello i bimbi che, diversamente dai primi, non vivono nelle loro case la stessa situazione di tranquillità. Da ciò ho dedotto che nella scuola dell’infanzia la “didattica dell’emergenza” a distanza non è inclusiva, anzi tende ad escludere proprio quei bimbi che ogni giorno, nelle nostre classi, si cerca di includere.
Mi ritornano in mente le parole di Don Milani, quando faceva riferimento ad una scuola che curava i sani e respingeva i malati. Ad ogni modo, sperando che i bambini mancanti potessero prima o poi iscriversi, su questa piattaforma ho caricato varie attività che potessero aiutare le mamme a gestire questo tempo vuoto dalla scuola.
Da qui prende avvio una seconda riflessione, vale a dire che stiamo attribuendo ai genitori un ruolo che a loro non compete, li stiamo trasformando in insegnanti anche se non hanno le nostre competenze.
A un certo punto di questo percorso di “didattica dell’emergenza” a distanza mi è stato chiesto di riprogettare il curricolo e mi sono chiesta come questa cosa poteva essere mai possibile se, a mio avviso, la didattica si è fermata nel giorno in cui le scuole sono state chiuse, perché in realtà quello che adesso si sta cercando di fare è di non rompere il filo di emozioni che si è stabilito con questi piccoli, perché riformulare un curricolo prevede che tutti i bambini ne possano beneficiare, perché io sono la maestra di sedici bambini, non solo di nove, e perché la Scuola in cui continuo ancora a credere è una scuola comunitaria ed egualitaria.
Roberta Bellotti
Da mamma sono profondamente ed umanamente contraria a questa “didattica a distanza” perché impersonale e sterile. Si vuole sempre più disumanizzare.
La seconda comunità (la prima è la famiglia) dove imparare a relazionarsi è proprio la comunità scolastica, fatta di tutti quei confronti quotidiani con i coetanei e con gli insegnanti, e ora vogliono creare degli automi privi di emozioni, perché davanti a un computer quale confronto può esserci?
Dopo decenni di mancati investimenti nell’istruzione, ora dobbiamo difendere la scuola dei nostri figli da azioni di totale impoverimento di valori sociali camuffati da presunto sviluppo di metodologie tecnologiche.
Evelyn
Ho 48 anni e sono mamma di due ragazzi. Mattia ha 10 anni e frequenta, o meglio avrebbe dovuto frequentare, la quinta elementare. Alice ha 13 anni e avrebbe dovuto frequentare la terza media.
Vedo che ai ragazzi manca andare fisicamente a scuola, incontrare i compagni di classe e confrontarsi in modo diretto con professori e maestri che spesso, oltre che istruire, sono anche “modelli”. Inoltre i “maestri” meno volenterosi hanno colto la palla al balzo per scaricare completamente lo studio sulle famiglie e non sto alludendo alle medie, dove sono già molto autonomi.
In sintesi, va bene visto “l’emergenza”, ma in generale a mio avviso la scuola pubblica in presenza è insostituibile per garantire la formazione completa dei ragazzi.
Barbara
Sono mamma di due bambini che frequentano rispettivamente la prima e la terza elementare.
La “didattica a distanza” sta diventando frustrante per figli e genitori. Noi genitori non possiamo sostituirci alle maestre e riproporre le loro lezioni in un ambiente che non è la classe. Non funziona!
Come madre mi accorgo che non c’è arricchimento, è come un vaso che viene riempito ma senza che nulla cresca al suo interno. Li vedo giocare serenamente fino a quando non arriva il momento del “compito”.
Loro si sono attivati, trovando risorse per trascorrere il loro tempo in autonomia, senza PlayStation e senza TV. Allora mi chiedo se non sia meglio lasciarli agire spensieratamente nella loro curiosità, giocando, così da avere almeno un pensiero positivo, un piacevole ricordo legato a questo tempo.
Vi ringrazio per accogliere e dare voce alle famiglie. Grazie
Francesca da Bologna
Spedisci anche tu, sotto forma di lettera aperta all’indirizzo tutela.scuola@lascuolacheaccoglie.org, le tue esperienze sulla “didattica dell’emergenza” a distanza e le soluzioni “che funzionano” – anche se non ottimali – che temporaneamente sono state adottate! Le pubblicheremo in home page sul nostro sito e nella sezione IL CORAGGIO DI TUTELARE LA SCUOLA